Sulla perdita della capacità di scrivere – terza puntata

Dopo gli episodi precedenti in cui parlavo di come il mio (buon) rapporto con la scrittura era entrato in crisi dopo essermi trasferito all'estero e aver sprecato una marea di tempo e risorse cognitive su Facebook, in questo post spiegherò come gli ho dato il colpo di grazia entrando nel mondo del digital marketing.

Dopo alcune esperienze lavorative poco interessanti e senza sbocchi, a un certo punto trovo un lavoro in cui mi pagano per scrivere, ogni giorno, in italiano, e all'estero – quindi per una paga più che degna. Non solo: fra le altre cose devo anche creare immagini con Photoshop per poi postarle su Facebook e Twitter. Insomma, mi pagavano per fare cose che fino al giorno prima facevo per diletto nel tempo libero! Una di quelle confuciate del tipo fai quello che ami e non lavorerai un solo giorno della tua vita, insomma. In realtà ero cascato nella trappola per cui pensavo che facendo un lavoro in cui dovevo usare la mia creatività, sia come scrittore che come grafico, l'avrei trovato appagante. Sbagliavo.

In realtà mi ci è voluto un po' di tempo per arrivarci. Il lavoro in questione era per un tizio il cui modello di business era mantenere siti su lotterie, scommesse, casinò ecc. e riempirli di link a siti affiliati in cui mandare i malcapitati lettori a sperperare denaro. Dopo qualche mese di iniziale entusiasmo, in cui riuscivo persino quasi a ignorare il dilemma morale dentro di me, le cose avevano inziato a prendere una piega diversa: a dover scrivere sempre le stesse cose, di cui me ne importava meno di niente e che a essere onesti mi facevano abbastanza cagare, non mi dava alcuna soddisfazione. La noia a un certo punto iniziò a raggiungere livelli insopportabili, e lo schifo per quel che facevo cominciava a diventare difficile da ignorare. A ciò si aggiunsero preoccupazioni di natura personale e anche professionali, dato che a un certo punto mi ero reso conto che sti autoproclamati geni del digital marketing per cui lavoravo vivevano in una bolla e in realtà non sapevano un gran ché di quel che stavano facendo. Per cui a un certo punto mi sono licenziato e ho trovato lavoro altrove.

La mia seconda occupazione in questo settore era per un'altra azienda di digital marketing, anche in questo caso abbastanza piccola (e persino peggio gestita, come ebbi modo di scoprire), che però invece di avere siti propri lavorava con clienti esterni. In questo caso però avevano fra il personale quancuno di capace, che sapeva perlomeno le basi della Search Engine Optimization, content marketing e così via. Tutte cose che non ho avuto difficoltà a imparare e mettere in pratica, ma che mi hanno messo in una posizione per cui ero finito con lo scrivere più per far piacere a Google che non a eventuali lettori umani. E la deformazione professionale era divenuta tale che a un certo punto mi venivano da fare certe cose – tipo includere parole chiave nei link o fare in modo che ci fossero un tot occorrenze delle parole chiave di un testo – anche quando non scrivevo per lavoro. Anche in questo caso, la noia per i soggetti trattati – i clienti erano quasi tutti produttori di letti o catene di fast food – e la crescente insofferenza che mi stava venendo per i social media (che anche in questo lavoro utilizzavo quotidianamente) non tardò a prendere il sopravvento. Però almeno stavolta mi ero reso conto che fare un “lavoro creativo” non avrebbe stimolato la mia creatività, ma al contrario me l'avrebbe prosciugata completamente.

Risultato: quello fu il mio ultimo lavoro in digital marketing. Da quel momento in poi ho lavorato nel settore archivistico, che tuttora non smette di darmi soddisfazioni. Mi ci è voluto un po', ma alla fine ho capito – e trovato – quel che voglio fare lavorativamente. Ma il danno che ho inflitto al mio rapporto con la scrittura, facendo certe scelte lavorative o di vita rimane, non si è ancora risanato.

Ora vivo in un mondo molto diverso dall'ultima volta che scrivevo con totale naturalezza e piacere. Sono cambiato anch'io, la mia prospettiva sul mondo e sulle cose, ed è cambiato anche chi mi legge, e a chi mi rivolgo. Ma credo ancora nel ruolo terapeutico – e a modo suo redentore – della scrittura, per cui non ho intenzione di smettere di nuovo.

Grazie a chi mi ha letto finora, se vi va tenete d'occhio questo blog perché ho ancora varie cose di cui discutere. Per ora vi anticipo soltanto uno dei soggetti dei prossimi post: il minimalismo.