Perché “Parole alate”? Una riflessione (non tecnica) su lingua e scrittura

Èpea pteròenta (ἔπεα πτερόεντα), “parole alate”, è una formula frequente che in Iliade ed Odissea serve ad introdurre un discorso diretto, che è poi diventata sinonimo, nel corso della storia della letteratura greca, di poesia in termini generali. Sul preciso significato di tale formula esiste un dibattito in ambito accademico; ricordo solo che l'aggettivo pteròenta sembrerebbe qualificare le parole come “piumate”, “alate”, con un riferimento o alle frecce, un'estremità delle quali è piumata, e perciò le parole sarebbero veloci come frecce che escono dalla bocca per colpire il bersaglio, oppure alle ali degli uccelli, a cui esse verrebbero assimilate perché volano via una volta pronunciate. Trovo entrambe queste interpretazioni, le più condivise ma non le sole, molto evocative: il primo valore mi fa pensare che tale strumento comunicativo, se controllato da persona che lo padroneggia, è efficace e può raggiungere l'obiettivo che il parlante si è proposto, come una freccia scagliata da un abile arciere. Il secondo valore invece mi richiama l'altezza del volo degli uccelli, la loro eleganza, i disegni che tracciano nel cielo, e quindi l'elevatezza della forma e l'espressività che la lingua può raggiungere, in particolare nel registro linguistico della poesia.

Nell'ultimo anno ho scritto tantissimo, decisamente molto più del solito. La pandemia ci ha costretto a ricercare altri mezzi di comunicazione per creare o mantenere le relazioni umane e quello a cui mi sono diretta è stato la scrittura. Pur avendo seguito un percorso di studi letterari e lavorando in ambito umanistico, non ho mai amato molto questo strumento, soprattutto a causa di un'incompetenza nella produzione scritta appresa durante il periodo scolastico (“testo troppo sintetico”, “superficiale”, etc, scarsa abilità espressiva più legata a un carattere introverso che a questioni di tipo tecnico). Per forza di cose, da marzo 2020 in poi ho invece dedicato molto tempo e impegno a trasferire le mie conoscenze, i miei pensieri, il mio sentire tramite la scrittura. E da qui è nata la seguente personale riflessione sulla lingua scritta, assolutamente non scientifica, mediata più dal cuore che dalla razionalità.

La lingua è fatta per essere scritta? Oppure la sua trascrizione la muta, la amputa, la tradisce in qualche modo? Essa nasce in forma orale: i primi accenni di un protolinguaggio si hanno con l'Homo erectus all'incirca 1,5 milioni di anni fa. La tecnica della scrittura, invece, è stata introdotta dalla seconda parte del IV millennio a.C in avanti e si è mantenuta come capacità di pochi per gran parte della storia dell'essere umano. Durante tale lungo periodo, quindi, il linguaggio si è mosso nell'ambito della (quasi) pura oralità, in cui emergono le sue caratteristiche di volatilità e di estemporaneità. Di certo, il tempo che dedichiamo a pensare ciò che diciamo è inferiore a quello che dedichiamo a pensare ciò che scriviamo, quindi il grado di elaborazione della lingua parlata è inevitabilmente minore che se possiamo scriverla. Questo può indurre a ipotizzare una maggiore veridicità della parola parlata, in alcuni casi, proprio perché meno filtrata. Ma soprattutto, quando si parla de visu, entra in gioco anche la comunicazione non verbale, che sappiamo essere molto significativa dei valori da attribuire al messaggio veicolato. Tutto questo si perde quando scriviamo. Mi sembra che la scrittura, pur un bellissimo ed utilissimo mezzo, in qualche misura depauperi e travi la comunicazione umana. A onor del vero, ovviamente, va detto che un punto a favore della scrittura, e non di scarso peso, è il livello di sviluppo formale che questa tecnica ha raggiunto grazie al lavoro degli intellettuali nel corso della storia della letteratura. La lingua scritta ha così acquisito una capacità notevole di significare. Ma, se alle parole sfugge sempre qualcosa nella rappresentazione di noi, ciò mi sembra succedere ancor di più nel caso della lingua scritta, forse più adatta alla comunicazione denotativa, quella cioè tecnica, oggettiva, che alla comunicazione connotativa, ricca di sfumature soggettive.

L'obiettivo di questo blog è, quindi, sperimentare le potenzialità della scrittura come strumento di espressione, in generale e per me: un po' laboratorio, un po' palestra. Vedere se queste parole, che sento nate per essere volatili, veloci e alte, “alate” appunto, possono essere ancorate al sempre umano che le lettere, come pietra, offrono loro e mantenere comunque la loro natura originaria. Scriverò di ciò che amo: film visti, libri letti, musica ascoltata, i miei primi tentativi poetici, traduzioni dal greco e dal latino, magari qualche ragionamento che vuole per forza uscire da me :)