Il mulo Balilla
Mio nonno ancora negli anni ‘60 utilizzava il mulo per trasportare da Località Ciacca [di Camporosso (IM)] su strada naturalmente mulattiera, ormai scomparsa, il raccolto delle olive.
Il Sindaco di Camporosso certificava il 5 maggio 1961 l’acquisizione di un mulo nero, nato nel 1946, alto 1 metro e 30, di sesso maschile, di nome Balilla, a causa dell’anno di nascita, probabile rigurgito del periodo storico appena trascorso.
Balilla era a tutti gli effetti considerato un componente della famiglia. Docile e buono, di grande lavoro. Aveva solo due periodi di intensa attività: la raccolta delle olive e la vendemmia da Cian de Çà con l’ubva caricata su galocci di legno, già pesanti da vuoti. Uliveto e vigneto erano lontane dalla sua stalla. Per il resto dell’anno riposava.
Si può ben dire che era un lavorante stagionale.
Il suo ricovero era una stalla buia con una luce minima da una piccola finestra. Divideva il suo spazio con veloci conigli e porcellini d’india, che saettavano tra rami scorticati di rami di salice e finocchi selvatici.
Scoprivo in seguito che era importante che il povero Balilla con così tanto tempo da trascorrere in riposo forzato fosse costretto a muoversi per evitare i piccoli quadrupedi mai fermi.
Ho fatto seduta come una principessa sul suo pesante basto, redini in mano al nonno, salite verso l’uliveto, con il naso a respirare gli aromi di timo, lentischi, rosmarini e a seguire i voli degli uccelli disturbati dal nostro incedere sulla mulattiera sdrucciolevole, sotto gli zoccoli che avanzavano faticosamente.
Esperienze lontanissime, perché ero piccola, ma che mi hanno legato in maniera indissolubile al territorio.
di Gridellino