Alcune vicende partigiane di fine gennaio 1945 nella I^ Zona Operativa Liguria
Il giorno 23 [gennaio 1945] nella parte occidentale della “I^ Zona Operativa Liguria” avveniva l’uccisione di alcuni partigiani appartenenti al Distaccamento “Folgore” del Battaglione “Secondo”. Infatti la sera del 23 circa cento SS con due mortai circondavano casa Ghersi a Taggia (IM). I quattro garibaldini che si trovavano nell’abitazione vennero immediatamente immobilizzati e torturati. Venne bruciato il fienile di Raffaele Polito. Dopo di che, seguendo una lista fornita da qualcuno, continuarono gli arresti. Sulla strada si trovarono i cadaveri di tre garibaldini (Pistone, Gazzolo e Cichero). Dei partigiani che si trovavano all’interno del casone il solo Luigi Ghersi, pur ferito, riuscì a fuggire, mentre gli altri vennero uccisi.
Nella vicina Sanremo (IM), la notte successiva, vennero fucilati cinque partigiani presso Villa Junia. Quattro di essi portavano il cognome Laura: Gio Batta “Paolo”, Luigi “Gino”, Mario e Silvio Antonio”.
Il giorno 24 venne fucilato anche Renato Giusti (Baffino), che era stato catturato durante il rastrellamento di Terzorio avvenuto tre giorni prima. “Baffino” lavorava nell’organizzazione “Todt” di Porto Maurizio, da cui riuscì a far fuggire diversi patrioti che si diressero in montagna; già scoperto ed incarcerato una volta, ma in seguito liberato dai garibaldini, era stato incorporato nelle formazioni della II^ Divisione.
Dopo tre giorni di relativa calma riprese il veemente rastrellamento ai danni della VI^ Divisione. Il 25 gennaio 1945, all’alba, tre colonne tedesche “provenienti da Borghetto d’Arroscia, Casanova Lerrone e Pieve di Teco giungono a Ubaghetta. La nostra pattuglia avvista il nemico ed apre il fuoco, ma il garibaldino Redaval (Cardoletti Germano) continua impavido a sparare finchè viene colpito da una raffica di mitra e catturato” [L. Massabò “Pantera”, Cronistoria militare della VI^ Divisione “Silvio Bonfante” < diario inedito nel 1999, conservato presso l’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia >]. Redaval verrà fucilato da un plotone d’esecuzione formato dai “Cacciatori degli Appennini”. Dopo tale attacco i nemici si ritirarono sulle posizioni iniziali ed i Distaccamenti “Maccanó” e “De Marchi” poterono sganciarsi. Il 25 gennaio 1945 rappresenta un’altra tragica pagina nella storia della IV^ Brigata “Guarrini”, poiché il X Distaccamento “W. Berio” venne quasi completamente sgominato. Gli undici uomini del X Distaccamento “con a capo Dimitri e Merlo, uno dei più vecchi garibaldini, commissario, si era portato in una località tra Pantasina e Villa Talla, in un fondo valle, presso un ruscello. Il rifugio sembrava sicuro: un muro a secco era stato eretto all’entrata della tana, dove la vita era orribile per il fango e l’umidita”. Una spia (probabilmente la staffetta Toni guidò da Porto i briganti neri al rifugio. Tolgono le pietre e già sorride loro I’idea di un facile eccidio. Peró due colpi secchi di revolver annunciano che il luogo è ormai una tomba sacra… Merlo si è infatti sparato al cuore e Dimitri alle tempie; per non sottostare all’onta della prigionia… le camicie nere infieriscono sui due cadaveri” [da “L’epopea dell’esercito scalzo” (a cura di Mario Mascia) – ed. A.L.I.S.] Gli altri nove garibaldini vennero arrestati e di questi solo due si salvarono dalla fucilazione.
Il giorno successivo riprese il grande rastrellamento ai danni delle formazioni della VI^ Divisione, iniziato sei giorni prima. Verso la sera del 26, infatti, il Distaccamento “Catter” con una marcia di quasi cento chilometri si portò dalla Val Pennavaira alle pendici del monte Torre. Giunti nei pressi della Cappella Soprana di Stellanello (SV), quattro garibaldini si accantonarono in un da cui avvistarono una colonna di “Monte Rosa”. “Il commissario Gapon (Renzo Scotto), il capo squadra Bruno (Bruno Amoretti), i garibaldini Marat e Franco (Dante Del Polito) combatterono eroicamente, uccidendo il tenente comandante del pattuglione, un sottoufficiale e quattro soldati. Il nemico rimane disorientato e facilita lo sganciamento dei garibaldini” [L. Massabò “Pantera”, op. cit.]. Tra cui “Marat” (Arbotti, od Ortelli, Renzo, che era nato nel 1920 a Reggio Emilia), che dopo pochi metri morirà per le ferite riportate nello scontro.
Anche il giorno 27 fu segnato da vasti rastrellamenti nemici, in particolare da formazioni della “Muti” e della “Monte Rosa”, che batterono la zona di Ginestro [Frazione di Testico in provincia di Savona]. Alle 7 del mattino “la pattuglia a fondo valle comunica che il nemico si avvicina alla nostra zona… le squadre vengono disposte in ordine di combattimento. Il garibaldino Brescia (Longhi Mario) allo scoperto, con il suo inseparabile M.G., apriva il fuoco contro il nemico avanzante. Una raffica avversaria gli asportava l’arma dalle mani… veniva colpito mortalmente alla testa” [L. Massabò “Pantera”, op. cit.]. Durante lo stesso combattimento periva, altresì, il garibaldino “Romano” (Paloni Silvio). Le due squadre del Distaccamento “Garbagnati” riuscirono ad aprirsi la strada per la fuga perdendo un ta-pum ed una macchina da scrivere.
Il 28 gennaio le truppe addette ai rastrellamenti abbandonarono le valli presidiate nei giorni precedenti (Pennavaira, Arroscia e Lerrone) ad eccezione della valle di Andora che sarà abbandonata il giorno successivo. Unico grande presidio della zona rimarrà quello di Borgo di Ranzo che ospiterà circa centoventi soldati delle “Brigate Nere”.
Cessato il pericolo costituito dai rastrellamenti dei giorni precedenti, il Comando divisionale della “Bonfante” dispose lo spostamento nella valle d’Arroscia (parte nord) del Comando della III^ Brigata e della sua Intendenza, mentre il Distaccamento Maccanò si spostava nella zona di Aurigo ed il Distaccamento De Marchi nella Val Pennavaira.
Resasi momentaneamente meno pericolosa la lotta per gli uomini della “Bonfante”, il 31 gennaio rappresentò, di contro, l’ennesima pagina nera per la IV^ Brigata della “Cascione”. Come ricorda Gino Gerini (Gino), il 30 gennaio “giungemmo, al crepuscolo, in regione Ni-Cuni, tra Tavole e Val Prino. Scoprimmo un casone isolato fra i castagni e decidemmo di passarvi la notte“. I garibaldini avevano in progetto la cattura di tre pericolose spie di Vasia. Così Gino “dispose che “Deri, Livio e Cristo prelevassero le spie. Nello stesso tempo io, Lupo e Battista, l’amministratore della Brigata, partimmo per Tavole per ritirare importanti documenti e rientrammo in base verso mezzanotte, accompagnati da Timoscenko che aveva effettuato una visita a casa“. Il mattino del 31 gennaio due colonne tedesche circondarono il casone in cui si trovavano i garibaldini. A “Gino” non rimase altro che ordinare la fuga. Tuttavia “due giorni dopo all’uscita del paese di Villa Talla, mentre attraversavamo il ponte, scorgemmo in distanza una folla. Ci avvicinammo: sette bare sfilavano innanzi a noi“. Tra i deceduti vi erano “Battista” (Manfredo Raviola), “Timoscenko” (Tommaso Ricci), “Cristo” (Bartolomeo Dulbecco), che morirono nel vallone di Villa Talla ed altri tre, “Matteo” (Matteo Zanoni), “Insalata” e “Leone”, che furono prima torturati e poi fucilati.
“Lupo” e “Veloce” il 4 febbraio 1945 segnalarono la grave situazione in cui si trovava la IV^ Brigata, precisando che il I° Battaglione constava di 65 uomini, il II° di 70 ed il IlI° di 90.
L’ultimo giorno di gennaio al tragico episodio di Villatalla si aggiunse un altro dramma. Per vendicare la scomparsa di due soldati tedeschi avvenuta l’8 gennaio “lungo il tratto di strada Castelvecchio-Pontedassio… non essendo ritornati ed avendo avuto comunicazione che i due soldati furono bestialmente uccisi, sono apparsi davanti al tribunale militare germanico” 20 partigiani catturati in Val Prino o prelevati nelle carceri d’Oneglia, di cui 11, arrestati il 9 gennaio (Stenca, De Marchi, Manodi, Ansaldo, Garelli, Bosco, Bertelli, Cipolla, Ardigò, Noschese e Delle Piane), che verranno fucilati lungo la salita di Capo Berta. Le SAP (Squadre d’Azione Patriottica) di lmperia avevano già dieci giorni prima richiesto alle formazioni di montagna la cattura di alcuni gerarchi fascisti ed ufficiali tedeschi per poterli scambiare con alcuni degli uomini che saranno uccisi il giorno 31. Gli altri 9 patrioti processati dal tribunale tedesco (Varalla, Favale, Garletti, Guarreschi, De Lauro, Deri, Brancaleone, Giordano e Cavallero) saranno fucilati il 9 febbraio dietro il cimitero di Oneglia.
Responsabile di questo eccidio e di altri che si verificheranno dal gennaio 1945 alla fine della guerra fu una donna la cui identità rimase a lungo celata tanto che fu conosciuta con lo pseudonimo di “donna velata”. Per l’importanza che questa spia ricoprì nelle vicende della “I^ Zona Operativa Liguria” risulta necessario tracciare un sunto…
tratto, p.g.c. dell’autore, Rocco Fava di Sanremo (IM), da “La Resistenza nell’Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell’Istituto Storico della Resistenza e della Storia Contemporanea di Imperia (1 gennaio – 30 Aprile 1945)” – Tomo I – Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Facoltà di Scienze della Formazione, Corso di Laurea in Pedagogia – Anno Accademico 1998 – 1999