Cabale mistiche per spiegare il mondo.

Qualche appunto sulle teorie del complotto e sul perché è necessario contrastarle.

Quando ci riferiamo alle teorie del complotto è necessario, innanzi tutto, definire l’oggetto di indagine, ciò di cui si sta parlando. Il dizionario Treccani alla voce complotto riporta: «cospirazione, congiura, intrigo ai danni delle autorità costituite». Negare che la storia sia piena di complotti è decisamente un’assurdità. I complotti esistono e sono sempre esistiti, basti ricordare la nota Congiura de’ i Pazzi del 1478 ai danni dei Medici, o la Congiura delle Polveri (1605) ai danni di Giacono I d’Inghilterra. In tempi più recenti, e focalizzando l’attenzione sul nostro paese, non possiamo non ricordare la tattica cospirativa che fu adottata durante i terribili anni della strategia della tensione, nonché, più nello specifico, la congiura ai danni degli anarchici in seguito all’attentato di Piazza Fontana del 1969. Cosa distingue, dunque, una teoria del complotto? Se i complotti sono sempre esistiti, cosa ci permettere di distinguere le teorie complottiste e, di conseguenza, dichiararle false e infondate? Le teorie complottiste si caratterizzano per alcuni tratti ricorrenti, alcuni di carattere epistemologico e altri invece di tipo più prettamente formale. Secondo lo studioso Michael Barkun(1) le teorie complottiste, da un punto di vista formale, presentano le seguenti caratteristiche: a) Nulla accade per caso: il mondo intero è basato sull’intenzionalità, il caso e l’arbitrio sono esclusi, b) Nulla è come sembra: l’apparenza è ingannevole e, in riferimento a singoli o gruppi, non esiste la presunzione d’innocenza, c) Ogni cosa è connessa: dato che tutto ciò che accade non accade mai per caso, tutto risponde a un piano e a un disegno. Una teoria del complotto dunque, per essere tale, deve sottintendere una visione del mondo sistemica e coerente, in cui ogni elemento può essere associato per analogia o connessione con altri elementi. Il mondo, in questo caso, diventerebbe un’enorme cabala che aspetta solo di essere decifrata. Da un punto di vista psicologico una teoria del complotto è sia terrificante che molto rassicurante. È terrificante perché pone il singolo di fronte a forze di potenza immane, difficili da controllare e che, potenzialmente, possono essere letali, ma è rassicurante perché permette una chiave d’accesso alla realtà. Se ogni cosa è calcolabile e l’arbitrarietà è eliminata il mondo acquista di significato; inoltre viene chiaramente identificato il male e ciò contro cui bisogna combattere, riproducendo una dinamica quasi mistico-religiosa che ripropone l’ancestrale lotta tra bene e male (e non è un caso che la teoria complottista più influente degli ultimi anni, ovvero QAnon, di cui parleremo tra poco, abbia assunto i tratti di una setta religiosa quasi millenarista). Alcune teorie complottiste sono oggettivamente inverosimili e improbabili, e spesso vengono smentite dai dati empirici e dall’applicazione del metodo scientifico. Eppure non smettono di prendere piede e, soprattutto, è quasi impossibile convincere chi crede a tali teorie a non credervi più. Questo perché, da un punto di vista epistemologico, una teoria del complotto è sempre abbastanza ampia e generica da non essere falsificabile, facendo uso della fallacia logica dell’argomentum ad ignorantiam secondo cui una proposizione viene dichiarata vera sulla base dell’ignoranza relativa alla proposizione in questione. Ad sempio: «non abbiamo abbastanza elementi per dire che A sia falso, quindi A è vero». Spesso i dati empirici a sostegno della teoria vengono presentati in maniera selettiva, cioè ignorando tutti i dati contrari, e si fa spesso appello all’argomentum ad popolum, ovvero: “se tanta gente ci crede, qualcosa di vero deve pur esserci”. Ancora, l’onere della prova viene spesso richiesto a chi critica una teoria, piuttosto che a chi la presenta, e spesso si incappa in veri e propri circoli viziosi secondo cui chiunque critichi una teoria complottista fa in realtà segretamente parte del complotto. Ciò fa sì che benché da un punto di vista strettamente epistemologico una teoria complottista sia molto debole, in realtà mostra una grandissima resistenza a critiche e ad attacchi. Il complottismo, d’altro canto, non è interessante da analizzare soltanto dal punto di vista formale ed epistemologico, ma soprattutto per i suoi risvolti pratici nella vita sociale dell’individuo e delle comunità. Una radice della credenza in teorie complottiste va ricercata non solo nella loro pseudo-forza argomentativa, ma anche in alcune considerazioni di carattere psicologico. In un mondo lacerato da crisi economiche, guerre, terrorismo, in cui si assiste alla spersonalizzazione dei processi economici e sociali che investo il singolo come una forza esterna, il soggetto sente perdere sempre più la propria agentività nel mondo e la propria capacità di incidere su di esso. Ed ecco che la necessità di trovare un senso, un ordine, il tentativo di spiegare dei fenomeni che vengono, giustamente, avvertiti come impossibili da controllare, può indurre al tentativo di creare una narrazione coerente in cui ogni cosa trovi il suo posto. Per questo motivo, benché le teorie complottiste siano sempre esistite, negli ultimi anni sono diventate decisamente più pervasive nel nostro quotidiano e in generale la società si è mostrata decisamente più permeabile ad esse, grazie anche all’aiuto di internet. A conferma del fatto che oggi le teorie complottiste stiano diventando sempre più dei fenomeni con delle ricadute nella vita off-line va considerato uno degli episodi più inquietanti che riguardano i legami tra complottismi e politica, ovvero il fenomeno QAnon. Nato, probabilmente come provocazione, su siti come 4chan e 8chan – vere e proprie roccaforti informatiche dell’alt-right americana – è uscito dall’underground della rete sfociando in vere e proprie manifestazioni pubbliche, avendo pesanti ripercussioni sulla politica statunitense, coinvolgendo di sfuggita persino Matteo Salvini che ha pubblicamente elogiato su Twitter la candidata repubblicana Lauren Boebert, la quale oltre a essersi rifiutata di chiudere il proprio ristorante per le misure anti-covid, ha anche detto che si augura che QAnon sia vero «perché significa che gli Stati Uniti stanno diventando più forti e le persone si stanno riavvicinando ai valori conservatori»(2). Ma cos’è QAnon? È una teoria complessa e difficile da riassumere, ma in estrema sintesi afferma che l’elezione di Donald Trump sia il risultato di una complicata azione militare volta a sconfiggere il deep state (cioè lo “Stato profondo”, ovvero le strutture dello Stato che operano in maniera nascosta e occulta) a guida democratica, composto da satanisti pedofili che torturano e uccidono bambini per succhiarne il sangue e garantirsi vita eterna. E per quanto assurda tutta questa teoria possa sembrare, ha un certo peso nel dibattito negli Stati Uniti e comincia ad avere delle ripercussioni anche da noi. Sostenitori della teoria se ne trovano anche in Italia(3) e la narrazione nostrana sostiene che Giuseppe Conte sia finanziato da Bill Gates e dai cinesi per instaurare una dittatura sanitaria, grazie ai decreti d’emergenza e l’installazione delle antenne 5G, gli unici che possono salvare il paese sono Donald Trump e Vladimir Putin. Al di là del carattere grottesco, alcuni seguaci della teoria erano presenti alla manifestazione no-mask del 5 settembre a Roma condividendo la piazza assieme agli anti-vaccinisti, negazionisti e, soprattutto, militanti di partiti di estrema destra(4). D’altronde non è inedito il rapporto tra complottismi e cultura reazionaria. Uno dei complotti più famosi di matrice anti-semita, quello cosiddetto dei Protocolli dei Savi Sion(5), fu ideato dall’Ochrana, la polizia segreta zarista, con l’intento di diffondere l’odio verso gli ebrei. Tale cospirazione, di matrice fraudolenta, ebbe conseguenze nefaste. Il bolscevismo fu ritenuto, nella propaganda fascista e nazista, il risultato di un complotto ebraico e i Protocolli furono ampiamente utilizzati per giustificare lo sterminio degli ebrei. Come abbiamo testé ricordato durante gli anni di piombo i complotti furono ampiamente utilizzati dalla peggiore cultura reazionaria italiana per diffondere odio verso la sinistra comunista e anarchica, e per trovare capri espiatori alle stragi di Stato. Ciò che è più grave, tuttavia, è che il complottismo distoglie dagli obiettivi reali e concreti delle lotte. Le teorie complottiste, a parte quelle davvero fantasiose, spesso prendono avvio da contraddizioni reali che vengono incanalate in contesti del tutto irreali e che, d’altro canto, rendono completamente inefficace qualsiasi pensiero critico razionalmente fondato. Inoltre, come abbiamo già detto, i complotti esistono e sempre sono esistiti, ma l’esistenza di teorie complottiste rende complesso e difficile denunciare i veri complotti (che spesso ricoprono un ruolo centrale nella storia del nostro paese, come l’insabbiamento delle indagini relativo ai fatti della Diaz o i legami tra esponenti della Democrazia Cristiana e la mafia di Totò Riina all’interno della cosiddetta trattativa Stato-Mafia). Combattere il complottismo, dunque, non significa soltanto smontare teorie strampalate (spesso dall’ambiguo contenuto politico), bensì significa riaffermare la piena libertà del pensiero critico, la capacità di muoversi tra le contraddizioni del presente, sapere individuare correttamente i propri nemici e i propri obiettivi, significa, insomma, combattere per una libertà reale e concreta, e non nascosta nell’ombra.

Note

(1) Cfr. M. Barkun, A culture of conspiracy – Apocalyptic Visions in Contemporary America, University of California Press, 2003.

(2) Cfr. https://valigiablu.it/qanon-teoria-del-complotto-trump/

(3) Cfr. https://qanon.it

(4) Cfr. https://www.ilpost.it/2020/09/05/roma-no-mask-coronavirus/

(5) Cfr. https://www.ilpost.it/2019/01/22/protocolli-savi-sion/