Quella Ventimiglia pacifista!
Mi riguardavo una fotogafia relativa alla Marcia per la Pace in Vietnam Ventimiglia-Bordighera del gennaio 1973. Mi era stata mandata dal compianto N., cui ho già fatto più volte riferimento. Era a suo tempo comparsa nelle pagine locali di diversi giornali, ma non l'avevo più vista.
Credo, siano opportune alcune considerazioni di carattere sociale, morale e civile. Quella manifestazione – a noi e ad altri amici cara anche per l'impegno profuso per la sua buona riuscita –, come mi ricordava appunto N. (che poi in Vietnam c'era stato: e mi aveva anche inviato anche uno scatto che lo ritrae insieme al fratello su un carro armato americano, cimelio di quel conflitto), fu molto partecipata in termini quasi unici per la nostra zona.
Non fu di parte. I numeri stessi delle presenze lo attestano. Ma c'è di più, come cercherò di aggiungere tra breve. Intendo prima rammentare che la proposta venne fatta da esponenti di quel vecchio “Gruppo Sbarchi Vallecrosia” della Resistenza dalla grande apertura mentale. E venne subito caldeggiata da diverse associazioni, anche cattoliche: le ACLI, ad esempio.
Ventimiglia, e tanti suoi degni abitanti per meglio dire, anticipavo poc'anzi. Giorni prima, il volantinaggio della notte della vigilia di Natale per chiedere la cessazione dei bombardamenti aerei USA sulle popolazioni civili del Nord Vietnam destava palpabile – ed anche istituzionale – commozione soprattutto all'uscita della Messa dalla Cattedrale.
C'erano già stati diversi altri fatti di piena comprensione umana, non solo verso il dramma del Vietnam, quasi in ideale collegamento con insigni figure del passato, quali quelle dei pescatori della zona che contribuirono (come ha ben documentato Paolo Veziano in “Ombre di confine”) a salvare verso la Francia tanti ebrei.
Certo. Ci sono state, dopo l'infame guerra di Indocina, altre guerre ingiuste. E nel Sud-Est asiatico libertà e diritti sono conquiste ancora tutte da inverare.
Ma è anche scemata di molto, ritengo, l'attenzione verso i fatti del mondo, con il paradosso che ora il mondo è sempre più vicino a noi.