«Governo e regione ammettono le loro responsabilità nella mancata zona rossa a Bergamo e Brescia. Questione chiusa? Per niente.» di Massimo Alberti – Radio Popolare, 7 aprile 2020
Con l'ammissione dell'assessore lombardo Gallera, all'indomani dell'ammissione del presidente del consiglio Conte, si chiude il cerchio. Governo e regione Lombardia, dopo aver giocato per settimane allo scaricabarile, ora si assumono in tutta fretta le loro responsabilità: forse per insabbiare velocemente una questione scomoda, forse perché per entrambi è arrivato il richiamo a evitare polemiche ora. Le responsabilità della mancata creazione della zona rossa a Bergamo e Brescia ormai sono chiare ed equamente divise. Il presidente del consiglio Conte ha avuto sul tavolo due volte, il 3 e il 5 marzo, la raccomandazione del comitato tecnico scientifico di chiudere Nembro, Alzano, Orzinuovi, ma il governo non lo ha fatto perché voleva che a farlo fosse la regione. L'assessore Gallera ha riconosciuto oggi che la regione poteva comunque agire, ma non lo ha fatto perché voleva che a chiudere fosse il governo. Tutto a posto? Per nulla. Resta la domanda: perchè nessuno abbia voluto prendere una decisione politica evidentemente ritenuta scomoda. Perchè in quelle aree è concentrato un denso tessuto produttivo. E il terzo soggetto coinvolto in questa vicenda, lo ammette candidamente: «eravamo contrari a fare una zona rossa come a Codogno» dice il capo di confindustria Lombardia Bonometti, in una surreale intervista a «The Post Internazionale» – che per prima ha sollevato il caso – in cui attribuisce ai tanti allevamenti il veicolo di contagio. «Ci siamo confrontati, ma non si potevano fare zone rosse. Non si poteva fermare la produzione» ribadisce Bonometti. Il prezzo sul terreno lo hanno pagato quasi 5.000 morti e trecentomila contagiati, che di quella decisione sono in parte la conseguenza.